Nella foto, Marco Rosadi
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di MARCO ROSADI
Spes, ultima dea, ma chi vive sperando muore cantando. “La speranza è ormai un’abitudine” modulava malinconicamente Luigi Tenco nella sigla del Maigret televisivo. Disincanto e spleen a parte, cos’è la speranza? Un aspettando Godot giustificato solo fino a un certo punto? Un moto spavaldo di fronte a quella valle di lacrime che tutti chiamano vita?
Forse è qualcosa di meglio. Uno stato di rasserenante fiducia e approvazione, un’esuberanza progettuale che guarda al futuro con entusiasmo. La seconda virtù teologale della morale cattolica, nel gergo marinaro designa un’ancora di riserva: un’àncora di speranza. Siamo partiti dalla speranza e siamo ritornati ancóra alla speranza, stabile ormeggio, vicolo cieco dell’illusione, scatola cinese dell’ottimismo.
E non è solo un problema di cambiamento d’accento. Il regista Mario Monicelli l’ha definita una «trappola». Sì, la speranza può divenire la gabbia di chi perde contatto con la concretezza del reale inseguendo la fata morgana consumistica. E quando occhi, orecchie e mente non riescono più a distinguere necessità e libertà, causa ed effetto, persecutore e perseguitato, autenticità e finzione…
Clic! La trappola è già scattata. Rosa, azzurri o dorati che siano, calappi, tagliole e bavagli non rendono liberi gli uomini e i popoli. «Tu non sei un cavallo, sei un cittadino democratico». Lo gridava Gian Maria Volonté nella parte di un funzionario di polizia che fa il terzo grado a uno studente dell’ultrasinistra. È una sequenza indimenticabile del film di Elio Petri “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Accadeva quarant’anni fa.
Oggi, più si è ricchi e potenti, e più si è oltre ogni ragionevole sospetto. E se la stampa libera – una sparuta frangia che presto dovrà cambiare lavoro – vuole semplicemente svolgere il proprio mestiere senza guardare in faccia a nessuno? Ai giornalisti si vieta di ficcare naso, teleobiettivo e videocamera nella “candida” privacy dei postmoderni ottimati. Questo è un paese democratico. Basta con le intercettazioni!
Basta con il diritto di essere informati. Basta con l’articolo 21 della Costituzione. Basta con la fiducia nell’inscindibile binomio di verità e libertà. A questo punto cosa dovrebbe fare un cittadino democratico che non sia un “cavallo”? Forse può abbattere sbarre e muri di quella speranza che non guarda più avanti. O pretendere la vera alternativa da chi gli chiede il voto annunciando l’imminente disastro dell’avversario. La speranza può diventare una trappola se nel film dell’esistenza dimentica l’indignazione.
MARCO ROSADI